Prendo spunto da un’iniziativa di Matteo Bianchi per inaugurare una nuova rubrica: il mio personalissimo dizionario affettivo che come una vecchia scatola di ricordi conterrà particolari avvenimenti della mia vita legati a parole ben precise…
C
Caparbietà
La prima volta che mi sono impuntata su una cosa senza aspettare che questa capitasse da sola e per opera dello spirito santo è stato quando a 8 anni ho deciso che avrei imparato ad andare in bici. Ero in vacanza a Nova Siri (località che in questo blog sentirete nominare spesso) e vedevo i miei cugini più piccoli sfrecciare per le vie del paese con le loro bici “senza rotelle” ovvero senza quelle due protuberanze circolari attaccate alla ruota posteriore della bicicletta di Barbie che da qualche anno mi portavo appresso come un fardello. Mio padre pensando di facilitarmi nel compito aveva programmato un’escalation: da due rotelle sarei passata ad una per togliere poi definitivamente anche quella. Il punto è che quell’unico ingranaggio laterale invece di aiutare complicava ancora di più le cose perchè la bici automaticamente pendeva dalla parte munita ovvero quella più pesante e se poco poco, sotto l’incitamento sfegatato di mio padre, cercavo di controbilanciare ecco che iniziavo a traballare vertiginosamente con l’effetto disastroso di finire con le gambe all’aria.
Così un pomeriggio decisi: avrei imparato!
Mi recai a casa di mia cugina dotata di un bel cortiletto e nè il sole cocente (erano le 3 del pomeriggio di un giorno qualunque di agosto) nè il fatto che la bici fosse un tantinello piccola (mia cugina ha 3 anni meno di me) riuscirono a scalfire la mia tenacia.
Mi disse: “pedala velocemente e vedi dove arrivi”. Non ricordo precisamente quale sia stata la mia reazione a queste poche e concise istruzioni, probabilmente con l’innocenza dei miei otto anni avrò pensato “wow basta così poco?!” prima di poggiare il mio deretano sul sellino…se me lo dicessero adesso sicuramente risponderei con un serafico “prendo l’auto che è meglio!”, ciò nonostante dopo le varie cadute e appena venti minuti ero in grado di restare in equilibrio e fare almeno 4 metri di fila senza cadere.
E quando sono tornata a casa ho sentito per la prima volta qualcuno dire riferendosi al su citato episodio “però, che caparbietà”.
Ecco…rileggendo mi pare una esagerazione però se penso che c’è gente adulta che in bici non ci sa andare una piccola piccola piccola parte di me è ben orgogliosa.
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