Cosa può essere definito grandioso? Esistono cose oggettivamente grandiose? O si tratta sempre e comunque di sensazioni soggettive?
La storia mi da l’idea di grandiosità. Poter quasi toccare ancora ai giorni nostri rappresentazioni di ciò che è stato. A Parigi, e precisamente al Louvre, credo di esserci riuscita, quando voltandomi sulla destra mi sono trovata davanti questa enorme scalinata e su in cima troneggiava la Nike di Samotracia. Me ne sono innamorata all’istante. Era perfetta pur essendo senza testa e senza braccia.
O anche mentre passeggiavo lungo i corridoi, con tutti quei quadri sulla cui originalità più volte ho espresso i miei dubbi e con centinaia di persone che mi passeggiavano accanto creando confusione, sono riuscita ad isolarmi e a capire cosa rappresentavano davvero quelle mura. E avrei voluto non uscire più di lì!
Passeggiare per Roma affiancando il Colosseo mentre si ascolta musica da un Ipod. Questo è grandioso. Non il Colosseo. Non l’Ipod. Ma il fatto che coesistano due icone di due periodi storici lontani tra loro secoli e secoli.
Anche la maestosità delle montagne mi mette i brividi. La prima volta che ho visto le Alpi avevo 18 anni e stavo andando in Francia. Ci fermammo all’ultimo autogrill prima di passare il confine. Mi ricordo che il tempo era piuttosto grigio e sono rimasta affascinata da tutte quelle cime innevate che si perdevano all’orizzonte. Mi fanno lo stesso effetto ancora oggi quando le osservo da un’altra prospettiva passandoci sopra con l’aereo.
Le sensazioni che alcuni oggetti e ricordi ci trasmettono non muteranno mai, anche se passano gli anni, anche se cambiamo noi, trasformandosi in certezze, qualcosa a cui andare con la mente quando abbiamo bisogno di tirarci su il morale.
O anche adottare una nutria.
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